Per dirla alla Amadeus, il Sanremo ventiventi è iniziato col botto, ma era a salve. Achille Lauro superdiva, il suo spogliarello ha scatenato reazioni di ogni tipo, dall’adorazione mistica al vomito stile esorcista. A me personalmente è piaciuta come performance artistica tout court, anche se la canzone va ascoltata senza vederlo, che poi è un ossimoro, dato che la musica di questa nuova era è legata indissolubilmente alle immagini, ma direi addirittura ancora di più ai video, brevi e taglienti, da social insomma. Achille è il vincitore morale della puntata, anche se la classifica lo lascia impietosamente indietro. Sul canale youtube della RAI sbaraglia tutti con oltre 600mila visualizzazioni alle 11 della mattina dopo (la seconda, Elodie ne ha appena un terzo).
Elodie. Lei è spaziale, diciamolo, noi maschi invidiamo un po’ tutti Marracash. Abito perfetto, look perfetto. La canzone riprende il tema portante del festival, le Donne. Mahmood ha fatto un testo perfetto per lei, ma Dario “Dardust” Faini ha confezionato una base da urlo. Cronaca di una vincitrice annunciata.
Le Vibrazioni. Non mi piacciono, non mi piace la canzone, anacronistica per il ventiventi, troppo classica, look a caso, nessuna armonia fra i quattro elementi della band. Anche se vado controcorrente e molti li apprezzeranno per me sono un flop.
Anastasio. Rage Against The Machine in italiano. Pezzo potentissimo, chitarre sparate come mitragliatrici, avanguardista per Sanremo, ma perfetto per questo tempo. Ammaliante la contrapposizione con Achille Lauro, look totalmente anonimo alla Eminem prima maniera, non esibisce tatuaggi, nessun orpello, jeans, sneakers e Tshirt bianca. Quello che conta è la canzone. Da premiare.